martedì 13 novembre 2007

I principi dell’allenamento.

L’obiettivo principale dell'allenamento è quello di indurre adattamenti biologici che migliorino la performance. Gli adattamenti si verificano però, seguendo programmi molto precisi e finalizzati, differenziati per quan­to riguarda frequenza e durata delle sedute nonché tipo di allenamento (forza, velocità, resistenza, ipertrofia..).

Principio del sovraccarico

Per indurre un miglioramento di una determinata attività, bisogna applicare il principio del sovraccarico funzionale.

Infatti praticare una forma di attività fisica da un livello di in­tensità superiore rispetto al normale, induce modificazioni biologiche tipiche del processo allenante da cui deriva un miglioramento prestativo.

La parte difficile nell'impostare un programma di allenamento sta nel delineare caso per caso un'appropriata miscela di frequenza, intensità e du­rata del carico allenante in relazione all’obiettivo da raggiungere.

Il concetto di personalizzazione dell'allenamento e quindi della progressione dei carichi di lavoro si applica agli atleti di vertice, ai soggetti sedentari, ai disabili e anche ai cardiopatici che necessitano di “rimessa in funzione”.

Principio della specificità

Il concetto di specificità si riferisce al fatto che l'allena­mento induce modificazioni metaboliche e fisiologiche spe­cificamente connesse al tipo di sovraccarico imposto. Un preciso tipo di lavoro, ad esempio un allenamento di forza e potenza, causa modificazioni metaboliche e fisiologiche riferibili a questo tipo di allenamento, mentre un lavoro di tipo aerobico porterebbe ad un miglioramento della funzionalità cardiovascolare tipica delle prove di resistenza.

I benefici delle due forme di alle­namento non sono scambievoli, ma rimangono specifici.

Il principio della specificità si applica anche alle varie discipline sportive.

Principio delle differenze interindividuali.

Sono molti i fattori che a livello individuale possono diffe­renziare l'effetto dell'allenamento. Uno di questi è il livello di capacità aerobica (cioè una buona capacità di resistenza). Raggiunto questo primo step, come dicevo prima in merito al “principio del sovraccarico” è bene sapere che gli effetti dell'allenamento sono ottimizzati se il carico di la­voro è tarato sulle capacità atletiche individuali e su un obiettivo specifico.

Principio della reversibilità

Per “allenamento” si intende l’insieme degli stimoli allenanti che tendono a provocare nell’organismo quegli adattamenti grazie ai quali la prestazione fisica può migliorare. Per “disallenamento” si intende la perdita degli adattamenti ottenuti con l’allenamento, di solito conseguente alla sospensione degli allenamenti stessi. Questa condizione si verifica abbastanza rapidamente dal mo­mento in cui si smette di seguire un programma allemnante. Dopo solo 1 o 2 settimane il disallenamento coinvolge l'aspetto metabolico e quindi le capacità prestative; dopo alcuni mesi, ogni modificazione precedentemente indotta dall'allenamento finisce per scomparire.

È interessante notare che anche per gli atleti ben allenati, gli effètti di anni di allenamenti sono transitori e reversibili.

Fate diventare l’allenamento parte integrante del vostro stile di vita, è questo il segreto per stare bene a lungo!!

mercoledì 7 novembre 2007

Attività fisica ed Osteoporosi.

L’osteoporosi è una riduzione della massa ossea, trasecolare e corticale, diffusa o localizzata che deriva da uno squilibrio tra il riassorbimento e la neoformazione ossea; i fattori regolatori sono sistemici (ormoni, ioni, vitamina D, farmaci) e locali (sollecitazioni meccaniche).

Dopo la menopausa 1/3 delle donne è affetta da osteoporosi.

I fattori di rischio noti, sono l'età, il sesso femminile, la menopau­sa precoce e la magrezza, tutti strettamente legati alle variazioni dei livelli ormonali.

Un altro importante fattore di rischio è rappresentato dalla sedentarietà, in relazione alla mancata stimolazione dell'osso tra­mite la sollecitazione prodotta dal movimento.

Inoltre anche il fumo ed il con­sumo di alcool costituiscono un fattore di rischio per l'osteoporosi.

Ricordiamoci che l'osteoporosi diventa sintomatica soltanto quando insorge una frattura (l'osso portico infatti è più fragile ed un impatto anche ridotto può provocare una frattura). Come avviene a livel­lo dei corpi vertebrali, a rarefazione dell'osso trabecolare ne favorisce il collasso con microfratture e deformità a cuneo o a vertebra di pesce.

Ma vediamo come l’attività fisica promuove la rimineralizzazione ossea.

Lo stress meccanico provocato da tale attività (tensione e pressione esercitate dai muscoli sullo scheletro) promuovono l'attivazione degli osteoblasti (cellule responsabili della deposizione di tessuto osseo) e contrastano così la perdita di massa ossea. Più in dettaglio, a seguito della compressione e decompressione dei cristalli ossei secondaria al movimento, le superfici stesse dei cristalli si elettrizzano producendo correnti, che costituiscono un potente stimolo all'attività osteoblastica.

È pertanto univeralmente accettato che una attività fisica volta ad incrementare il carico meccanico sullo scheletro previene e ritarda la progressione della perdita di massa ossea anche in età avanzata. Inoltre alcuni dati suggeriscono che il miglioramento dell'equilibrio e l'aumento della massa muscolare che si verificano tramite un esercizio appropriato costituiscano ulteriori fattori di protezione riguardo al rischio di frat­ture patologiche a seguito di cadute.

Oltre alla classica indicazione di esercizio aerobico condotto sotto carico (attività di cammino, esercizi in estensione), recenti studi sem­brano indicare che soprattutto un potenziamento muscolare (allenamento con i pesi) ha una indicazione specifica, comportando un maggior impatto sulla densità ossea (aumenta). È altresì dimostrato che gli effetti positivi dell'attività fisica si mantengono solo se questa si mantiene costante nel tempo, frutto di una modificazione dello stile di vita del soggetto che diventa attivo.

In caso di frattura, l'attività fisica previene le complicanze legate alla immobilzzazione. Una volta consolidata la frattura, il soggetto verrà gui­dato nello svezzamento dal busto e negli esercizi di tonificazione muscolare e di postura, che consentano il massimo recupero funzio­nale.

Effetti positivi dell’attività fisica sull’apparato locomotore in età adulta ed anziana.

Effetti sul muscolo.

Studi scientifici hanno dimostrato che un allenamento regolare produce cambiamenti microscopici e macroscopici a livello della struttura e della funzione muscolare.

Nell’allenamento con i pesi la forza aumenta fin dalla prima settimana, poi continua ad aumentare più lentamente fino a circa 12 settimane se i criteri di intensità progressiva sono corretti.

I meccanismi di tale aumento sono diversi nel tempo.

In termini generali, l’aumento della massa muscolare dipende dall’ipertofia delle miofibrille, che vengono stimolate da un allenamento specifico, in misura molto maggiore rispetto ad un allenamento generico di tipo aerobico.

L’aumento della forza muscolare, è spiegato in gran parte dall’aumento della massa e della resistenza muscolare (quest’ultima intesa come la capacità muscolare di protrarre lo sforzo nel tempo, prima che l’accumulo di cataboliti manifesti la fatica muscolare).

L’attività fisica quindi agisce in primo luogo, contrastando la diminuzione della massa muscolare (sarcopenia) tipica dell’avanzare dell’età, e producendo invece un’ipertrofia delle fibre muscolari.

I risultati di studi clinici relativi all’allenamento finalizzato al potenziamento muscolare in soggetti adulti ed anziani, mostrano un incremento della massa, della forza e della resistenza muscolare alla fatica; aspetti questi che hanno ripercussione positiva sulla potenza muscolare.

Attività fisica (AF) e patologia articolare (PA).

La PA include forme degenerative come l’artrosi, ed infiammatorie come l’artrite reumatoide; è caratterizzata da dolore e limitazione di movimento.

Fino a pochi anni fa si riteneva che le articolazioni affette da patologie degenerative o infiammatorie dovessero essere tenute a riposo per ridurne l’usura, per questo motivo era sconsigliata qualsiasi forma di movimento.

In realtà l’immobilità comporta una maggiore riduzione della massa ossea e di quella muscolare, una più rapida perdita di forza, flessibilità ed equilibrio.

Oggi sappiamo che l’esercizio fisico regolare incide positivamente su dolore e sulla flessibilità, gli esperti consigliano quindi ai soggetti in fase no acuta di praticare attività mirata.

AF ed artrosi.

L’artrosi è una patologia articolare cronica caratterizzata da lesioni degenerative della cartilagine articolare.

L’attività sportiva ad alto impatto (che preveda salti o comunque considerevole sovraccarico articolare) può predisporre ad artrosi localizzata, mentre l’attività fisica regolare ad impatto basso o moderato previene l’artrosi: la mobilizzazione dell’articolazione ne favorisce infatti il trofismo.

L’attività fisica indicata nell’artrosi in fase di stato, è quella aerobica a basso impatto coadiuvata da esercizi di mobilità e blando potenziamento muscolare.

All’approccio specifico si dovranno associare per un ottimale recupero funzionale, la rieducazione propriocettiva e dell’equilibrio, l’educazione ergonomica.

AF e Rachialgia (mal di schiena) .

Le rachialgie prendono nomi diversi a seconda della localizzazione, prevale come frequenza la lombalgia, seguita dalla cervicoalgia, ma il dolore può irradiarsi agli arti e dare origine a quadri di lombosciatalgia, cruralgia, cervicobrachialgia.

È un disturbo che riconosce da una parte numerosi fattori di rischio inerenti il soggetto, come la patologia articolare, l’età, il sesso femminile, la familiarità, aspetti psicologici (nelle forme croniche) e dall’altra fattori di rischio estrinseci come: il sovraccarico della colonna (lavorativo o sportivo) e le abitudini di vita (sedentarietà, posture scorrette…).

Durante la fase acuta sono indicate manipolazioni, fisioterapia, posture, esercizi antalgici e se occorre, trattamento farmacologico.

Durante la fase di stato, e nella prevenzione delle recidive, studi clinici dimostrano l’importanza dell’attività motoria regolare e specifica a basso impatto, la rieducazione propriocettiva e dell’equilibrio, l’educazione all’ergonomia del gesto.